“Ha pensato a che animale vorrebbe diventare se restasse da solo?”
“Si, un’aragosta..”
“Perché un’aragosta?”
“Perché le aragoste vivono per più di cento anni, hanno il sangue blu come gli aristocratici, e restano fertili per tutta la vita. E anche perché mi piace molto il mare.”
“Un’aragosta è una scelta eccellente.”
Stanchi e svuotati dalle fatiche settimanali? Non aspettate altro che alzare bandiera bianca e passare una serata in simbiosi con il vostro divano, magari guardando una dolce commedia romantica per liberare la mente da pensieri e preoccupazioni?
Bene, allora potete tranquillamente cliccare sulla “x” in alto a destra della pagina (o a sinistra per tutti i “macchettari”).
Per quelli che invece sono ancora qui a fissare lo schermo (escludendo amici e parenti direi un dignitoso 0,1%), probabilmente avete sbagliato a settare i parametri di ricerca di Google, questo non è un blog di cucina e non viene spiegato come si prepara un’aragosta.
Ora che abbiamo perso anche quello 0,1% e siamo solo noi, miei affezionati, posso finalmente bisbigliarvi un segreto: non The Revenant, Mad Max o Jurassik World. Il miglior film del 2015, secondo mio personalissimo parere, è The Lobster. Scusami Indominus Rex, tu sei fantastica, ma credo solo che abbiamo bisogno di vedere persone nuove.
E la mia nuova “fiamma” risponde al nome di Yorgos Lanthimos, funambolico regista ellenico, che fa del saper creare realtà distopiche, metaforiche e paradossali la sua arma di seduzione principale. C’è lui dietro a questo piccolo capolavoro, teatro dell’assurdo e del grottesco.
Immaginate di essere single. Fin qui nessuna novità.
Immaginate di vivere in un mondo dove l’umanità è obbligata a vivere in coppia, e dove verrete segregati insieme alle altre persone single in un fantomatico hotel, con quarantacinque giorni di tempo a disposizione per trovare un partner. Una volta raggiunto il termine del tempo stabilito, in caso di fallimento verrete trasformati nell’animale da voi scelto all’inizio del soggiorno. Possibili alternative? Scappare nei boschi da cui è circondato l’hotel, dove vivono “i solitari”, fuggiaschi che sono riusciti ad evadere dalla follia della struttura, ma che vivono con delle regole altrettanto assurde e crudeli. Esatto. What the fuuuck?!?
Questa la realtà in cui si ritrova David, fresco fresco di separazione dalla moglie, interpretato da un Colin Farrell baffuto e tracagnotto. E questa la trama in soldoni. Ma sotto la piccola punta di surrealismo e kafkiana memoria, si cela un immenso iceberg di allegorie, metafore e poesia, contro il quale non possiamo fare a meno che scontrarci.
The Lobster è un racconto che sembra nascere come fiaba contemporanea, fantastica e sinistra, ma che col passare dei minuti acquisisce sempre più realismo, riuscendo a farci calare completamente nel mondo creato da Lanthimos, grazie anche ad una colonna sonora ipnotizzante. Ci possiamo illudere che la pellicola voglia mettere al centro dell’indagine solo la relazione di coppia e la paura dello stare da soli, ma non è così, almeno secondo il mio parere. Il vero messaggio di Lanthimos è che viviamo in un mondo dove confondiamo troppo spesso l’amore con la necessità di sentirci accettati dalla società, Società che ripudia i figli non omologati alle regole, da lei stessa imposte. Così, ci spinge verso l’ istinto di preservazione e l’ individualismo. Cosa ci differenzia, allora, dagli animali? E tutto il resto, tutte le convenzioni sociali, tutte le regole a cui l’uomo si sottopone, sono anch’esse solo finzione? Ipocrisia e infelicità.
(ATTENZIONE SPOILER) E se vi trovaste alla fine dei quarantacinque giorni senza aver ancora trovato un partner? Se la vostra unica possibilità di non essere trasformati fosse quella di fingere di aver trovato la vostra anima gemella? magari in una sadica sociopatica con una netta propensione alla crudeltà. Così di sicuro sareste salvi, è vero. Arrivereste persino a convincervi che in realtà è quello che volete e di cui avete bisogno. La verità è che la vostra sarebbe inconsapevolmente una scelta obbligata, non realmente sentita. Ma soprattutto, per quanto tempo pensate di poter nascondere la vostra vera natura? Quella di Lanthimos è un’esortazione alla libertà di scelta, al divincolarsi dalla necessità di sentirsi accettati dalla società, che come un genitore oppressivo e dispotico ti ordina chi devi amare, come devi amare; un’esortazione al trovare la forza e il coraggio di inseguire ciò che vogliamo veramente. Lanthimos ci spinge ad affidarci all’amore “cieco”, immune da tutte le sovrastrutture e manipolazioni mentali che subiamo inconsciamente. Perchè solo liberi da quelle catene potremo trovare la vera felicità…o no?
La potenza comunicativa del regista non è espressa soltanto dalla sensibilità dei temi trattati. Se i contenuti sono un panzer tedesco della seconda guerra mondiale, travolgente ed inarrestabile, la colonna sonora e la fotografia sono i due cingoli che lo fanno avanzare negli impervi sentieri della nostra intimità, arcigna ed arroccata su uno sperone roccioso difficilmente espugnabile. Un po’ “alla Lars Von Trier”, con tracce prevalentemente classiche ma oscure, quasi ossessive, dove Beethoven e Stravinsky ci mostrano tutto il loro lato più cupo e conturbante, mentre una fotografia caratterizzata dall’utilizzo esclusivo di luci naturali e ovattate sembra descrivere un mondo onirico, possibile solo nei nostri sogni più reconditi. E se siamo sempre più convinti di trovarci in un incubo alla “1984″ le spensierate note di “Where the Wild Roses Grow” di Nick Cave o di “Something’s Gotten Hold Of My Heart” di Gene Pitney ci spiazzano completamente, tanto da farci credere che sia tutto uno scherzo grottesco. E ciliegina sulla torta, o meglio oliva greca nell’insalata, ci aggrappiamo ad un po’ di romanticismo con la malinconica “Sagapo” interpretata da Sophia Loren e Tony Maroudas, per una ballata d’altri tempi. Cannonate pure.
Ma The Lobster non è solo una acuta riflessione sull’interazione sociale tra le persone condita da buona musica. The Lobster è follia e genialità. The Lobster è una seduta sul lettino dello psicologo, strafatti di funghetti allucinogeni, un’ invasione di campo nudi durante una partita preti contro suore. Riesce a sollevarci l’animo con momenti di ilarità e dark comedy (la punizione della mano nel tostapane è da oscar) per poi colpirci allo stomaco con crude verità. E per questo è difficilmente classificabile in una categoria cinematografica. E garantisco che dopo la sua visione mi ringrazierete (o come è molto più probabile mi maledirete, come si fa con lo spigolo di un tavolo dopo averci incocciato il mignolo del piede).
Per me è stato amore a prima vista. E mai come in questo caso l’amore è cieco.
P.s.: un ringraziamento speciale va al mio amico Valerio, vulcanica ed estrosa mente italiana costretta ad emigrare nelle gelide lande Svedesi, senza il quale probabilmente non avrei ancora visto questo piccolo gioiello. E soprattutto senza il quale il mio vocabolario degli insulti sarebbe ridotto ad un misero Bignami.
Ludwig Van Beethoven – String Quartet F-dur (op. 18, No. 1) 2. Adagio
Gene Pitney – Something’s Gotten Hold Of My Heart
Nick Cave & Kylie Minogue – Where the Wild Roses Grow
Fernando Sor – Jeux Interdits (Romance)
Igor Stravinsky – Three Pieces for String Quartet
Dmitri Shostakovich – String Quartet No. 8 (Op.110)
Ludwig Van Beethoven - Symphony No.7 In A Major Op.92 II Allegretto
Alfred Schnittke – Piano Quintet II
Antonio Lauro – Cuarto Valses Venezolanos
Sophia Loren & Tonis Marudas – Sagapo