“Che ne dite, voi ragazzi, di prendervi a pugni fino a sputare sangue e il vincitore ottiene un’intervista esclusiva con me?”
“Heroes” di David Bowie è come Flavio Insinna, te la ritrovi ovunque e cominci a chiederti se a breve non la sentirai anche in un film di Massimo Boldi e Cristian De Sica. Eppure è uno di quei pezzi senza età, che ogni volta che li senti ti fanno emozionare con annessa pelle d’oca. Stessa cosa non posso dire per il buon Flavio, non me ne voglia.
Non ce la faccio a dire che è sputtanata, mi dispiace. L’abbiamo sentita in “I Ragazzi dello Zoo di Berlino”, “Noi Siamo Infinito”, nella sigla di “Sfide”, addirittura in uno spot dell’acqua minerale. La possono anche inserire nella colonna sonora di “Occhio, Malocchio, Prezzemolo e Finocchio”, riuscirà sempre a fare la sua magia, conferendo persino a Lino Banfi quell’ epicità e trasporto che ne elevano l’essenza. Pensate che è riuscita a farmi digerire anche un film con Daniel Radcliffe, attore entrato nella mia personalissima black list dopo essersi sovrapposto all’immagine dell’Harry Potter che la mia mente aveva creato dopo aver letto i primi libri della Rowling.
Parliamo di Horns, letteralmente “Corna”, film del 2013 (mai uscito nelle sale italiane) diretto da Alexandre Aja e ispirato al romanzo horror “La Vendetta del Diavolo” di Joe Hill. Questi due nomi probabilmente non vi diranno nulla, come non dicevano nulla anche a me, ma dopo approfondite analisi wikipediane mi sono ritrovato a godere di quella piacevole sensazione che si percepisce quando si fanno scoperte miseramente inutili. Joe Hill non è che uno pseudonimo: immaginate di avere un discreto talento nello scrivere, tanta voglia di emergere nel mondo dei romanzi e il desiderio che il vostro nome entri nella Hall of Fame dei writers. Piccolo dettaglio: vostro padre è Stephen King. Certo, ad esser figlio di Stephen King persino io pubblicherei romanzi. Ma sarei costretto a vivere la mia intera carriera all’ombra di mio padre, con continui ed impietosi paragoni da parte della critica.
No. Meglio scegliersi un anonimo pseudonimo e galleggiare tra i mediocri.
Alexandre Aja invece? Regista e sceneggiatore francese, specializzato nel settore horror-splatter. Fin qui nulla di insolito. Ma solo quando sono arrivato a leggere la sua filmografia mi son reso conto di esser di fronte al mio regista horror-splatter preferito: nel suo curriculum perle come “Alta tensione” (consigliatissimo) , “Le Colline Hanno Gli Occhi” (remake duro come il metallo) e “Piranha 3D” (stronzata megagalattica ma da vedere). La sua qualità migliore? La cura nella scelta delle colonne sonore e l’oculato utilizzo delle sequenze splatter senza eccessi, così da tenere sempre la trama in primo piano. Tranne che in Piranha 3D, che oserei definire un film con il ciclo.
Horns rispetto ai lavori precedenti del regista è sicuramente meno splatter, a vantaggio di una trama più intricata e complessa, che assume infatti i contorni del giallo: il protagonista Ig Perrish viene indicato dall’opinione pubblica come il responsabile della morte della sua ex ragazza Merrin Williams (Juno Temple). Dopo una notte di bagordi alcolici, si risveglia con un paio di corna sulla testa. Per quanto grottesche e mostruose, queste escrescenze dall’aspetto satanico gli permettono di percepire i lati più oscuri e sinceri delle persone, elemento che cercherà di sfruttare per indagare sul vero responsabile della morte della sua amata fidanzata.
Un thriller insomma. Ma anche un horror, un po’ fantasy, un po’ romantico, un po’ commedia. Forse questo è il limite del film, alla fine non è né carne né pesce. Il modo in cui la storia è raccontata però è molto originale, così come la fotografia, molto curata con effetti di scena credibilmente realistici. Ok, le parti smielate e zuccherose dove i due protagonisti Ig e Merrin amoreggiano mi hanno fatto venir voglia di aggrapparmi ai cavi dell’alta tensione, ma per fortuna vengono arginate tempestivamente essendo brevi flashback. In ogni caso, è un film che prova ad essere originale o, quanto meno, a raccontare una storia in modo non convenzionale. Il tema del lutto, leitmotiv del film, si evolve di pari passo alla sete di vendetta del protagonista, la cui coscienza è in lotta con le più primordiali emozioni ed istinti: cosa succede in una persona che subisce una perdita improvvisa per omicidio? La sete di vendetta può portare alla giustizia o logora solo sé stessi?
Diciamo che aspettarsi un finale geniale come può essere quello di “Memento o “Fight Club” è come aspettare Adinolfi al traguardo di una maratona: non arriverà mai.
Di contro le cose da apprezzare come già detto sono diverse. Su tutte, la colonna sonora, formata da pezzi storici come “Where Is My Mind?” dei Pixies e “Heroes” di David Bowie, arrangiamenti contemporanei come “Personal Jesus” interpretata da Marilyn Manson e dal meglio del rock alternative-psichedelico, grazie a “Evil” dei The Flaming Lips e “That Look You Give That Guy” degli Eels, forse la più bella tra le meno note. Piacevole scoperta anche gli Junip, band indie rock svedese, che tentano di incantarci con la loro “Beginnings”, traccia dai ritmi solenni, esoterici e dalla linea melodica calda ed ammaliante. E c’è spazio anche per melodie più allegre e spensierate, come “Shut Up I Am Dreaming Of Places Where Lovers Have Wings” dei Sunset Rubdown. Bravi, ma che di sicuro non hanno il dono della sintesi.
Insomma, alla fine della fiera, Aja con il suo Horns vi regalerà una playlist niente male, momenti di ilarità e orrore ma soprattutto due ore di Harry Potter incazzato e cornuto con un “Nagini” per sciarpa.
Personal Jesus – Marilyn Manson
Sleep With The Lights On – The Wanton Bishops
That Look You Gave That Guy – Eels
The Devil Down Below – The Brass Action
Shut Up I Am Dreaming Of Places Where Lovers Have Wings – Sunset Rubdown