Adriano Ercolani – Bowie BlackStardust

In una Roma “disturbata” dalle prossime comunali e in un’apparente crisi di rigetto dei suoi abitanti umani, sono poche le isole felici per chi vuole scappare dal divano casalingo e vivere luoghi culturalmente interessanti: la settimana scorsa ci ha pensato la seconda edizione del Arf! Festival, al Macro di Testaccio; questo weekend l’appuntamento è con David Bowie e la mostra a lui dedicata allo Spazio Cima, BLACKSTARDUST.
Abbiamo incontrato Adriano Ercolani, uno dei curatori nonché grande amante dello straordinario artista britannico, volato via pochissimi mesi fa.

Iniziamo con le domande facili: chi è David Bowie? Ho sbagliato a non usare il passato?
David Bowie è uno degli artisti più influenti del Novecento. Nell’ambito della musica rock, probabilmente l’opera di Bob Dylan ha un valore più universale, i Beatles hanno svolto un ruolo storico impareggiabile, ma l’impatto che ha avuto Bowie sul costume, la moda, la mentalità di almeno tre generazioni non ha riscontri dagli anni’70 in poi. In generale la visione della rockstar come opera d’arte vivente è un concetto che egli ha incarnato, portando il fascino del dandysmo a livello delle masse. In un certo senso, Bowie ha compiuto ciò che Warhol (il quale non apprezzò il brano dedicatogli e che lo stesso Bowie avrebbe in seguito interpretato al cinema) si era limitato ad enunciare.

Sei uno dei curatori della mostra Bowie – Blackstardust, allo Spazio Cima di Roma, dal 27 al 29 Maggio; in questi mesi avrai scandagliato sicuramente la vita, le opere e non solo di Bowie in lungo e i largo: cosa hai trovato?
Ho la fortuna di condividere questa esperienza con esperti quali Pietro Galluzzi, Tuono Pettinato, Roberta Cima, Giuliano Graziani e Guendalina Barbieri.
Inoltre, lo Spazio Cima è situato nel Quartiere Coppedè, uno scenario unico al mondo che, soprattutto di notte, per il suo inquietante fascino decadente potrebbe essere il teatro migliore per le apparizioni delle molteplici maschere di Bowie.
Abbiamo trovato una miniera di bellezza nascosta, sotto forma di aneddoti, di intuizioni, di occulti richiami, autoparodie ed autocitazioni, un processo artistico incessante e sempre interessante, culminato nello spettacolare e commovente colpo di scena finale.

Una notizia di qualche giorno fa affermerebbe che nella copertina dell’ultimo disco, Blackstar (pubblicato due giorni prima della sua morte), David ha lasciato un messaggio decisamente stellare: come giudicheresti questo gesto, anche alla luce del suo amore per i simboli e i segni?
Non mi stupisce affatto. Non credo sia casuale. Rappresenta chiaramente il messaggio (vissuto da qualsiasi suo ascoltatore consapevole) dell’immortalità conferitagli dalla propria opera. Sotto un’altra forma, infinita, dissolta nel puro flusso della creatività, l’artista continua a vivere per sempre.

Influente e influenzato: David Bowie ha fatto, suonato, usato e portato ad un vasto pubblico “cose” quasi sconosciute, prima di lui. Come sarebbe il 2016 senza il suo passaggio su questo pianeta?
Sarebbe molto più noioso.
Non solo ha saputo trarre nuova arte da infinite influenze, dichiaratissime (da Dylan a Lennon, dai Velvet Underground ai The Stooges, da Linsday Kemp a Marc Bolan), riuscendo comunque a creare una personalità autoriale fortissima e assolutamente indipendente. Spesso ha contribuito al successo, ed alla sopravvivenza, dei suoi stessi maestri.

Senza di lui non avremmo assistito alla resurrezione di Lou Reed e Nina Simone, non avremmo avuto i più bei dischi di Iggy Pop, ma indirettamente non avremmo avuto probabilmente i Joy Division, The Smiths, The Cure, i Bauhaus, Siouxsie and the Banshees, Nine Inch Nails, Smashing Pumpkins, gli stessi Nirvana ed infiniti altri. Perfino Prince e i Radiohead, artisti distanti, devono a Bowie la loro possibilità di aver potuto sperimentare forme musicali ardite. Egli ha rappresentato un precedente, di successo, per qualsiasi ricercatore musicale successivo. Certo, purtroppo abbiamo avuto goffi epigoni come Marilyn Manson e Lady Gaga o anche Moby (che a me non fa impazzire), ma non possiamo certo farne una colpa a Bowie.

Anche l’immaginario di registi visionari come David Lynch deve molto al primo Bowie: non a caso egli (oltre a chiamarlo per la colonna sonora di Lost Highways) in Fuoco cammina con me gli affida una parte (che cita The Man Who Sold The World) cruciale, un ruolo chiave che illumina l’intera serie di Twin Peaks.

Per ricordare Bowie, la mostra BlackStardust ha chiamato a raccolta artisti di ogni tipo, per rappresentare la caleidoscopica vita del Duca Bianco. Cosa ha regalato questa chiamata alle arti e cosa dobbiamo aspettarci?
Ci ha regalato la possibilità di contemplare tutto l’amore e la creatività che Bowie continua ad ispirare. Numerose opere, dallo stile diverso, che illustrano i diversi volti delle innumerevoli svolte di Bowie. Siamo contenti, è venuta davvero una gran bella mostra!

Inoltre, ci saranno numerosi momenti di approfondimento: a partire dalla festa di venerdi sera allo storico Piper, col concerto degli Alladin Sane, fino alle presentazioni di sabato pomeriggio: L’Uomo delle Stelle di Lorenzo Bianchi e Fantastic Voyage di Francesco Donadio.

Tra le iniziative della vostra mostra ci saranno delle attività dedicate ai bambini: bella mossa. Come racconterete Bowie alle future generazioni? Come lo racconteresti ad una bambina di 2 anni?
Quello lo dobbiamo al garbato umorismo di Tuono Pettinato, un genio della comunicazione bambina! Domenica 29 Maggio alle ore 10.30 terrà un workshop in cui insegnerà ai bimbi a raccontare per immagini Bowie. Credo che al di là dell’ambiguità e della complessità dei suoi temi, Bowie possa comunicare un grande senso di gioco ai bimbi. Non a caso una delle sue più celebri canzoni termina dicendo: “Let all the children boogie…”.

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