Diciamo che il nome non sembra fare al caso mio, nè dei loschi figuri con cui in genere mi accompagno.
Un posto che apre con questo nome in genere mi suscita la stessa prudente curiosità di chi si avvicina al luogo dello schianto di un ufo. Che vuoi vedere di che si tratta, ma hai comunque paura che qualcuno ti rapisca e ti faccia convertire a qualche strano culto che condanna le bollicine. Però esplorare e conoscere è un dovere dell’uomo e quindi anche questa volta qualcuno si deve immolare.
E infatti spesso è così che si fanno grandi scoperte.
Ora, che Monti sia un quartiere dove ormai come ti giri ci sono posti in cui mangiare di ogni tipo non è una di quelle grandi scoperte di cui sopra, ma comunque è stimolante. Specialmente se ai ristoranti per turisti o quelli cinesi che da Piazza Vittorio scivolano verso Via Cavour si sostituiscono cose interessanti. Astemio ha tutto il mio rispetto perchè unisce qualcosa che mi rappresenta molto: l’acchitto e l’ignoranza. Le ostriche e il cinghiale. Mi ripeto un secondo: le ostriche e il cinghiale.
In pratica c’hai finalmente una scusa per mangiare il cinghiale tutto acchittato e vestito chic.
Che oggettivamente se c’è una cosa che incarna la romanità è un maiale che però siccome è grosso, duro e coattissimo, vive nei boschi, c’ha i peli dappertutto e non si può permettere l’apparecchio, ma è buonissimo. Il ritratto di un romano doc.
In più da Astemio scopri che mentivano. Di brutto pure. Perchè hanno una selezione di vini che levati da davanti gli scaffali sennò non vedo e mi porto via tutto tra un attimo. Nota nobile (che fa parte del lato che ti serve le ostriche) è che la bottiglia non costa diverso se la prendi in piedi, al tavolo, su una gamba sola o te la porti a casa.
Insomma, Astemio un cavolo. Q
Quello in smoking seduto al tavolo in un angolo che mangia ostriche col mignolo alzato e sporco di cinghiale intorno alla bocca sono io.
ndr: oltre al cinghiale fanno comunque un sacco di altra roba di livello e l’offerta è veramente variegata